Chiesa di San Domenico (Arezzo)

Chiesa di San Domenico (Arezzo)

La Basilica di San Domenico si trova nella piazza omonima, ad Arezzo.
È una dei più importanti edifici sacri di Arezzo, fu iniziata nel 1275 e finita nel XIV secolo. Alla sua costruzione concorsero i contributi finanziari delle famiglie Ubertini e Tarlati. Nel gennaio 1276 la chiesa, solo parzialmente completata, ospitò quello che per la Chiesa di Roma fu il primo conclave della storia.

Importanti modifiche all’interno dell’edificio furono apportate nella seconda parte del XVI secolo, in particolare, vennero aggiunti nuovi altari e furono imbiancate le pareti affrescate.

A seguito del tentativo di riforma degli ordini religiosi posto in essere nel Granducato di Toscana nel 1782, la chiesa fu abbandonata fino all’inizio del XX secolo.

In quel periodo cominciarono i lavori di restauro sull’edificio, che comportarono anche la rimozione degli altari aggiunti nel Cinquecento e Seicento e il recupero degli affreschi del Duecento e Trecento, interventi che si conclusero nel 1924. La costruzione del protiro all’ingresso fu realizzata nel 1936 su progetto di Giuseppe Castellucci, allo scopo di proteggere gli affreschi della lunetta posta sopra il portone.

La facciata gotica in pietra forte, asimmetrica, comprende anche il campanile a vela dotato di due campane impostato sulla parte destra di essa. Il protiro moderno protegge la lunetta posta sopra il portone di ingresso nella quale si trova un affresco di Angelo di Lorentino rappresentante la Madonna col bambino tra San Domenico e San Donato.

 

L’interno con tetto a capriate ha una sola navata, che prende luce da 12 finestre monofore, la cui distanza reciproca diminuisce via via che ci si avvicina all’abside, conferendo così un maggior senso di profondità all’aula. Sulle pareti della navata la decorazione pittorica interna, prevalentemente trecentesca, è a tutt’oggi bene documentata.

In controfacciata sono affreschi di Spinello Aretino e del figlio Parri di Spinello. Del padre, nella parete sinistra, è l’affresco con i Santi Filippo e Giacomo Minore e storie della loro vita e di Santa Caterina, opera della sua maturità, da collocarsi tra 1395 e 1400 circa. Alla parete destra è l’opera del figlio, la Crocifissione tra la Vergine, San Nicola, San Giovanni e San Domenico, databile a non molti anni dopo (1400-1405 circa).

Alla parete destra della navata è la cappella Dragondelli, composta da una struttura architettonica gotica con altare in pietra nera scolpito da Giovanni di Francesco da Firenze (1368) e da un affresco rappresentante Gesù adolescente che dialoga con i dottori del Tempio, del senese Luca di Tommè. Sulla stessa parete, in una nicchia, è una terracotta invetriata di Giovanni e Girolamo della Robbia, realizzata fra il 1515 e il 1520 e rappresentante San Pietro da Verona.

Crocifisso di San Domenico di Cimabue

Davanti al presbiterio è appeso il Crocifisso dipinto da Cimabue in una fase giovanile del suo percorso artistico, considerato uno dei capolavori della pittura del Duecento, databile alla fine degli anni sessanta.

Alla parete sinistra del presbiterio è stato ricollocato nella sua posizione originaria, a seguito dei restauri realizzati dalla Soprintendenza di Arezzo, il Monumento funebre di Ranieri degli Ubertini, vescovo di Volterra dal 1273, attribuibile a Gano di Fazio. Il sepolcro, è composto dal baldacchino. All’interno di esso vi è un affresco con la Vergine col Bambino in trono tra angeli, nella porzione inferiore completamente perduta.

Nella cappella absidale di destra, oggi del Sacramento, si trova un’Annunciazione di Spinello Aretino e una Madonna col Bambino in pietra, opera anonima di ambito aretino, facente parte in passato della serie di sculture che dal 1339 decoravano le dieci porte delle mura della città, qui ricoverata per sottrarla al degrado provocato dall’esposizione alle intemperie. Nella cappella absidale sinistra, all’altare, è il trittico di Giovanni d’Agnolo che rappresenta l’Arcangelo Michele tra San Domenico e San Paolo.

Sulla parete sinistra sono altri affreschi frammentari anch’essi prevalentemente tre-quattrocenteschi. Un’eccezione è il secentesco fregio con angioletti, opera secentesca di un pittore di cultura cortonesca, forse l’aretino Salvi Castellucci. Accanto, altri affreschi danneggiati con la Crocifissione, l’Annunciazione e la Madonna col Bambino, attribuiti a Giovanni d’Agnolo Balduccio. Segue uno Sposalizio mistico di Santa Caterina, affresco trecentesco di autore ignoto e poi il Monumento funebre di Anton Filippo de’ Giudici, del secolo XVIII, opera di uno scultore non identificato.

Nella chiesa fu sepolto il pittore rinascimentale Niccolò Soggi, citato dal Vasari nelle sue Le vite de’ più eccellenti pittori, scultori e architettori.